Bonus Casa 2020: i possibili controlli del Fisco sulle agevolazioni

Le detrazioni e le agevolazioni fiscali sono senza dubbio un vantaggio per il cittadino e per l’impresa, ma al fine di evitare di incorrere in sgradevoli problemi con l’Agenzia delle Entrate è opportuno sapere come muoversi esattamente, specialmente nell’ambito della monetizzazione e del trasferimento dei crediti.

In particolare per l’attuale Bonus Casa 2020, per il quale si attendono ancora le ultime delucidazioni in merito alla cessione del credito, si attendono infatti gli inevitabili controlli del Fisco. In linea ancora più generale, tutte le detrazioni fiscali parte dell’ormai noto Decreto Rilancio rischiano di restare bloccate per una ragione molto semplice: quelle nate nel 2020 saranno fruibili soltanto nella dichiarazione presentata nel 2021.

Ed è proprio in questo contesto che si colloca la necessità del contribuente di poter usufruire subito della cessione del credito (che, lo ricordiamo, varrà al 90% anche per il Bonus Facciate, al 50% per una serie di altri interventi edilizi, al 65% per l’Ecobonus, fino addirittura al 110% per il Superbonus).

Per operare correttamente nell’ambito del trasferimento dei crediti, è essenziale tuttavia analizzare con attenzione alcune disposizioni contenute negli articoli 121 e 121 del Decreto Rilancio.

 

Come l’Agenzia delle Entrate controllerà le agevolazioni del Bonus Casa

Come senza dubbio saprai, diverse agevolazioni presenti nel DL Rilancio permettono ai beneficiari di fruire del bonus fiscale sotto forma di detrazioni d’imposta o di credito d’imposta. Per quanto riguarda le prime, nella maggior parte dei casi esiste addirittura una disposizione specifica che permette di convertirle in crediti di imposta per agevolarne la monetizzazione immediata.

Il principio è relativamente semplice: l’incasso di un credito di imposta si fonda sull’idea che tale credito possa essere liquidato nel modello F24 e che possa quindi “incrociare” un debito di importo identico. Diversamente, questo credito rimarrebbe fermo e non potrebbe essere speso.

In termini pratici, i soggetti che sostengono le spese per i lavori e gli interventi previsti dal DL Rilancio possono muoversi secondo due direttrici:

  1. Con un contributo di pari ammontare che rappresenta lo sconto sul corrispettivo dovuto ed è anticipato dall’azienda fornitrice del servizio, la quale a sua volta lo recupererà sotto forma di credito d’imposta.
  2. Trasformando l’importo corrispondente in credito di imposta, con facoltà di cederlo poi ad altri soggetti, inclusi eventuali intermediari finanziari o istituti di credito.

Queste opzioni fanno riferimento alle detrazioni legate alle spese sostenute sia nel 2020 che nel 2021, tenendo presente che il credito d’imposta verrà usufruito in quote annuali, con la medesima ripartizione che sarebbe stata attribuita alla detrazione con il limite. Bisognerà però anche ricordare che la quota di credito di imposta non utilizzata nel corso dell’anno non potrà più essere “recuperata” o rimborsata successivamente.

In alternativa, i beneficiari dei crediti di imposta elencati nell’articolo 122 del Decreto Rilancio potranno cedere i crediti ad altri soggetti, anche parzialmente, fino al 31 dicembre 2021. Come accennato, tali soggetti includono anche banche e istituti finanziari. I cessionari utilizzeranno poi il credito con le stesse modalità che sarebbero state destinate al soggetto cedente.

Per quanto riguarda i controlli del Fisco su queste operazioni, esse faranno riferimento a eventuali violazioni legate all’utilizzo dei crediti ceduti. Nel caso si verificassero queste condizioni, il cessionario risponderebbe in prima persona se il credito d’imposta fosse stato utilizzato irregolarmente o in misura maggiore rispetto al credito ricevuto. Tutte le altre azioni intraprese dall’Agenzia delle Entrate farebbero dunque riferimento al beneficiario cedente.

 

In che modo il Fisco si rivarrà sul contribuente?

Nel caso in cui venisse accertata una mancata integrazione dei requisiti che danno diritto alla detrazione, si provvederebbe al recupero dell’importo corrispondente alla detrazione d’imposta stessa, peraltro maggiorato con interessi e sanzioni nei confronti del beneficiario cedente.

Inoltre, non si esclude la possibilità di configurare la responsabilità in solido del fornitore che ha applicato lo sconto, così come quella dei cessionari, per il pagamento di importo, interessi e sanzioni.

Massima attenzione, dunque!

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